Ve lo do io il mal di mare

“Oddio, mi vedo già piegato in due sulla coperta mentre vomito anche l’anima. Che vergogna! Chissà come mi prenderebbero in giro! No, non posso rischiare, non posso”. Ecco uno egli ostacoli principali da superare. Intendiamoci. Non il mal di mare, ma la paura del mal di mare. Sì, perché in base alla nostra esperienza, il mal di mare nel 90% dei casi capita soltanto il primo giorno di navigazione. Non a tutti ovviamente, ma a qualcuno sì. Ed è normalissimo: il corpo non è abituato a vivere in una casa che rolla e beccheggia, e si deve adattare al movimento della barca. Ma in una giornata, massimo due si adatta, e il gioco è fatto.
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Cinetosi, questa sconosciuta
Del resto, che cos’è il mal di mare? Contrariamente a quello che si pensa la naupatia o cinetosi, non è dovuta al movimento della barca in sé, quanto alla percezioni contrastanti che il nostro organismo ha di esso. In sostanza i nostri sensi entrano in conflitto. Esempio. Se mentre la barca rolla parlo guardando negli occhi il mio interlocutore, gli occhi vedono un soggetto fermo, mentre l’orecchio, dove come sappiamo risiede il senso dell’equilibrio, registra il movimento. Queste informazioni contraddittorie affluiscono al cervello, che va in tilt. “Siamo fermi o ci stiamo muovendo? Possibile che in questo corpo nessuno abbia mai le idee chiare?”. Insomma, qualcosa del genere.😀
La reazione del nostro quartier generale è “allarme”, quindi blocco delle funzioni più delicate, come la digestione e segnali come sonnolenza, malessere generale, nausea, vomito. Secondo alcuni studi i sintomi el mal di mare verrebbero interpretati dal cervello come simili a quelli dell’avvelenamento, ed è per questo che l’organismo si difende con nausea e vomito. Ma l’importante è che con il tempo, poco tempo, si riesce a riequilibrare tutto, tranne in rarissimi casi.
Certo, bisogna un po’ aiutarsi: non mangiare pesante, non bere alcolici, non fumare, stare preferibilmente in coperta e non sottocoperta, e questo per il motivo di cui sopra. Sottocoperta gli occhi vedono una barca ferma mentre l’organo dell’equilibrio registra un gran caos.
Io e il mal di mare
Vi racconto cosa mi è successo, a me che normalmente non soffro mai il mal di mare (e di questo non c’è da vantarsi perché illustri marinai ne soffrivano, da Cristoforo Colombo a Lord Nelson). Era una notte buia e tempestosa, e non ridete perché è la verità. Con il 39 piedi della scuola velica di Caprera stavo navigando di notte dalla Marina di Scarlino (Follonica, in Toscana) verso la Corsica. Sapevamo dalle previsioni che c’era libeccio montante, ma l’istruttore aveva deciso di partire per farci affrontare anche una situazione più difficile del solito, che in mare può sempre capitare.
Le previsioni però erano state ottimistiche (oggi sono molto più attendibili) e la libecciata montò più rapidamente del previsto. In sostanza ci trovammo in piena notte ad affrontare una bolina con mare forza 5, onde di 3-4 metri e raffiche di 30-40 nodi. Io e un mio compagno di corso facemmo l’errore di non indossare le cerate in tempo utile malgrado i consigli dell’istruttore. Quando le onde cominciarono a frangere rovesciando secchiate d’acqua in pozzetto, fummo costretti ad andare sottocoperta a indossarle.
Fu la fine. In pochi minuti entrambi fummo abbattuti dal mal di mare. Immaginate gli occhi che vedono una cabina relativamente ferma mentre l’organo dell’udito registra un movimento da otto volante: mal di mare garantito. Ci beccammo naturalmente gli accidenti del resto dell’equipaggio che fu costretto a fronteggiare la burrasca con due uomini ko. Arrivati a Macinaggio bastò scendere a terra perché tutto passasse. A quel punto però subentrò il mal di portafogli: dovemmo pagare birre e spuntino per tutti per scontare il nostro errore!
I nostri consigli
Quindi, soprattutto il primo giorno cercate di stare in coperta, all’aria aperta, e di guardare l’orizzonte. E poi ricordatevi che il mal di mare spesso è una sorta di passaggio psicologico. Salire su una barca è un po’ salire su un altro pianeta dove tutto quanto si è lasciato a terra sembra lontanissimo: la casa, il lavoro, le scadenze… Serve un po’ di tempo per adattarsi, per accettare la nuova dimensione. Ma quando la si accetta, è una dimensione meravigliosa. Ovviamente ci sono le eccezioni, c’è chi ci mette di più ad adattarsi e ha bisogno di un aiutino. Oggi, oltre ai rimedi fai da te che a volte funzionano (acqua e limone, zenzero, snack molto salati) ce ne sono di formidabili: dai braccialetti che stringono il polso con la tecnica dell’acupressione, molto efficaci, alla famosa xamamina – che regala oltretutto un piacevole senso di stordimento – all’intramontabile Travel Gum.
Non ha senso dunque rinunciare alla crociera per la paura del mal di mare. E fidatevi: nessuno dei nostri ospiti ha mai dovuto interrompere le sue vacanze per questo.
Cosa avrebbe dato Lord Nelson per una Travel Gum
Ebbene sì: l’ammiraglio Horatio Nelson, il vincitore di Trafalgar, sacra icona dell’eroismo britannico, soffriva di mal di mare.
Di questa storia si sapeva poco o nulla fino a pochi anni fa, quando venne riscoperta una lettera del 1804 in cui il più famoso marinaio del regno confessava il suo punto debole. Anzi, precisava di averlo sempre sofferto, il mal di mare, da quando, dodicenne, era salito per la prima volta su una barca. Solo “l’amore entusiasta per la mia professione” scriveva, lo aveva convinto a non mollare la carriera navale.
Nelson si era deciso a rivelare tutto al conte di Camden, allora ministro della Guerra, quando seppe che il nipote di costui aveva abbandonato la carriera nella Marina di Sua Maestà proprio perché afflitto dal mal di mare. Secondo James Davey, curatore di storia navale presso il museo di storia navale di Greenwich, per l’ammiraglio resistere in mare nonostante la naupatia era una prova di patriottismo: ”Implica che mentre il nipote del conte di Camden lascia per via del mal di mare, Nelson soffre per il suo Paese. E’ molto indicativo del suo carattere. Patriottico e non spaventato dal dimostrarlo”.
Ma non fu il mal di mare a uccidere Lord Nelson, colpito a morte un anno dopo quella lettera, nel 1805, durante quella battaglia di Trafalgar che vinse malgrado l’inferiorità numerica (27 navi inglesi contro 33 navi franco spagnole) permettendo all’Inghilterra di rafforzare la propria supremazia navale su quella francese in modo pressoché definitivo. Il giorno della battaglia, il 21 ottobre 1805, Nelson fece issare sulla sua nave ammiraglia, la HMS Victory, il segnale d’incitamento rivolto a tutta la sua flotta: England expects that every man will do his duty (“L’Inghilterra si aspetta che ogni uomo compia il proprio dovere”). A colpirlo a morte fu un tiratore francese che sparò dall’albero maestro della nave Redoutable. La lettera, di proprietà dei discendenti del conte di Camden, è oggi in mostra al museo di Tunbridge Wells, nel Kent.